Quel gattaro di Sepùlveda.

Quel gattaro di Sepùlveda.

Quel gattaro di Sepùlveda.

“Mi sono sempre piaciuti i gatti, Mi piacciono tutti gli animali, ma con i gatti ho un rapporto speciale… mi piacciono i gatti perché sono misteriosi, pieni di dignità e molto indipendenti”.

Così Luis Sepùlveda si racconta al termine del suo libro “Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico”.

Il 16 aprile 2020 ci lasciava un grande intellettuale e scrittore che con la gentilezza soave che traspare dai suoi racconti, è in grado di centrare i cuori di tutti, narrando di amicizie tanto spontanee e semplici quanto profonde, seppur nelle diversità degli esseri coinvolti.

Non ci soffermeremo sulle arcinote doti culturali e artistiche di Sepùlveda  ma, in quanto amante degli animali come noi di Zampe in salvo, sembra doveroso rendergli un piccolo e modestissimo omaggio, ricordandolo, con affetto, assieme a tutti voi, offrendo una piccola finestra sul mondo “gattaro”.

Qualcuno ha detto che Dio ha creato il gatto per far provare all’uomo il piacere di accarezzare una tigre (senza ovviamente i prevedibili effetti collaterali).

Il gatto domestico vive a stretto contatto con l’uomo da più di 4000 anni. Svolse un ruolo importante nell’Antico Egitto a tutela delle coltivazioni da topi e ratti, tanto che nacque il culto della Dea Basht, una donna con la testa di felino, simbolo di maternità e fertilità.

Nel Medioevo i gatti se la son vista grigia poiché si pensava che le streghe potessero trasformarsi in gatti e anche la Chiesa li collegò a culti pagani. Nell’Inghilterra dei Tudor molti furono bruciati in pubblico come simbolo di eresia e messaggeri del diavolo. Fortunatamente, a partire dal tardo Settecento cominciò ad accendersi un barlume di lucidità nel cervello degli uomini, epoca in cui si attribuisce a Isaac Newton l’invenzione della cd. gattaiola, lo sportellino basculante da applicare alla porta di casa per consentire al gatto di entrare e uscire a suo piacimento.

Insomma, si è registrato in tutto il mondo tanto misticismo attorno alla figura del gatto.

Ancora oggi è così: come si fa a non rimanere incantati dinanzi a cotanta eleganza, agilità, espressività e al suo essere libero, selvaggio e calmo all’occorrenza?

È comune la credenza che i gatti siano arrivisti, cinici, egoisti e anaffettivi. Chi lo pensa non ha mai vissuto con un gatto.

Il gatto non si spiega. Il gatto è il maestro che spiega. Solo chi si lascia attrarre dal suo modo di vivere è in grado di coglierne gli insegnamenti: lo studio paziente delle situazioni, la determinazione, l’importanza del riposo, il “saperci fare” con gli altri, la comprensione degli stati d’animo, una vita zen.

Non a caso, è il gatto Zorba di Sepùlveda, che insegnò alla gabbianella a volare, a lasciarci un importante messaggio di fiducia e tenacia quando, riferendosi alla insicura Fortunata, osserva che “sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante. Che vola solo chi osa farlo”.